Per vent’anni i media
ci hanno propinato le gesta tra pubblico e privato dell’ex-cavaliere Silvio
Berlusconi, sia come Premier che come capo dell’opposizione parlamentare a
governi di centro-sinistra, declinandolo in varie maniere, quali “cavaliere
nero”, Silvio “pelvico”, cavalier “bunga-bunga”, in un crescendo di notizie che
avevano a che fare più con le vergogne individuali del suddetto piuttosto che
con la capacità di mettere in atti legislativi il proprio approccio politico
alle problematiche sociali ed economiche del Paese.
Ora che Berlusconi ha
da tempo imboccato la parabola discendente della propria influenza e
credibilità politica, stampa, radio e televisioni si sono lanciati su colui che
ne sta ripercorrendo le orme ma aggiornato ai tempi moderni per linguaggio e
comunicazione, ossia Matteo Renzi.
Il finto nuovo che,
senza essere votato da alcunché, ricopre il ruolo di Premier e riempie
quotidianamente paginate di giornali, ore di telegiornali e comparsate
televisive, per poter dar sfoggio della propria arte retorica, guarnita dagli
immancabili “selfie” e “tweet”, che lo rendono molto piacione 2.0
Ma ancora non bastava,
e così negli ultimi giorni mentre l’informazione diviene bulimica a furia di
nominare Matteo Renzi, ecco che un nuovo personaggio politico trova il
proscenio mass-mediatico, colui che viene ribattezzato l’altro-Matteo, trattasi
di Matteo Salvini.
Salvini ha un unico
merito, quello di aver preso tra le mani un partito ridotto al 3% di consensi a
livello nazionale e di averlo portato a scalare le percentuali del consenso
politico sino a superare la temibile soglia del 4% alle ultime elezioni
europee, per giungere al 9% come stimato dagli ultimi sondaggi. Ma questo è
tutto.
Renzi e Salvini, il
primo è semplicemente Matteo, il secondo è l’altro Matteo.
Vengono dipinti come il
nuovo che avanza in politica, sono entrambi nati negli anni Settanta, ma a
parte l’età anagrafica di nuovo c’è poco altro, se non nulla.
Renzi fa politica da
circa vent’anni, Salvini da un quarto di secolo, entrambi, bontà loro, non
hanno mai avuto a che fare con il mondo del lavoro, quello vero, dove si
producono beni o servizi utili alla società, dove si lavora per obiettivi, dove
capacità e sacrificio sono un tutt’uno al fine del risultato lavorativo, ma
hanno sempre avuto la fortuna o la capacità di stare allineati, in scia, a chi
contava nei rispettivi partiti, con ossequio e accondiscendenza, affinando
l’arte della retorica (declinabile anche come “cianciare a vuoto”, ma facendolo
con trasporto e partecipazione per risultare credibili e intelligenti), impreziosendola
con ciò che nella nostra moderna società occidentale va più di moda, l’utilizzo
dei social network (twitter/facebook) e l’immancabile “selfie”.
Renzi nei pochi anni
nei quali è assurto all’attenzione mediatica è stato in grado di dispensare
dichiarazioni su tutto e il contrario di tutto, sempre palesando la stessa
protervia, sempre con tracotanza, con insofferenza verso quei pochi che gli
facevano notare contraddizioni e limiti (evidenti!) nei suoi ragionamenti e
ancor più nei suoi atti politici. La credibilità come persona l’ha perduta mesi
addietro con l’hashtag #Enricostaisereno, a seguito del quale diede poi una
spallata al collega di partito per sedersi sulla poltrona di Premier, mentre
quella politica trova il suo apogeo con la questione dell’Articolo 18 dello
Statuto dei Lavoratori, questione irrilevante nella trattazione delle
problematiche legate al mondo del lavoro per il Matteo Renzi del 2012, mentre
di vitale importanza per il Matteo Renzi del 2014 nell’approvazione del suo Job
Act. Ondivago come il più subdolo e navigato dei politici politicanti, non ha
preparazione né professionalità in nessun campo dell’intelletto umano, si
riserva volta per volta di dichiarare ciò che più lo può mettere in una buona
luce mediatica mentre per il “fare” c’è tempo; d’altronde si dice che c’è più
tempo che vita!
Salvini ha
politicamente galleggiato nella Lega Nord per un quarto di secolo, è stato
“bossiano di ferro” quando Bossi era il capo assoluto e indiscusso leader della
Lega Nord, nonostante il legame con Berlusconi che provocava continui e
persistenti mal di pancia tra la base leghista, è divenuto un “barbaro sognante
maroniano” quando larga parte della dirigenza rimasta in disparte rispetto alla
ristretta èlite decisionista denominata “cerchio magico”, decise di scalare la
vetta del partito.
Senza dimenticare che è
stato un componente dei Comunisti Padani quando nel 1997 la Lega Nord promosse
l’elezione del Parlamento Padano in un’ottica d’indipendenza della Padania,
salvo poi, nel corso del 2014 da leader del partito, stringere alleanza con
l’estrema destra francese di Marine Le Pen alle ultime elezioni europee, e aver
accettato che sfilassero anche gli esteremisti di destra di CasaPound
all’ultima manifestazione contro l’immigrazione clandestina.
Non solo, è passato dal
concetto di un partito che lottava per l’indipendenza della Padania con
funzione secessionistica dall’Italia, ad un partito che vuole mettere radici al
Sud con argomentazioni anti-Europa e anti-Euro, proprio mentre i maggiori
partiti secessionistici d’Europa (catalani e scozzesi) lottano contro i
rispettivi Stati centrali coniugando l’approccio anti-centralismo statuale con
un’ottica filo-europea. Anche in questo caso la politica è ondivaga, senza un
tracciato intellettualmente coerente.
Se qualcuno nutre
speranze sui due finti giovani della politica italiana è bene che si ravveda
per tempo, prima di accorgersi, magari anche in questo caso dopo un ventennio,
che era tutto fumo e niente arrosto, che oltre all’immagine e alla retorica, ci
sono poche idee ma confuse, e soprattutto nessun retroterra culturale che
faccia da base alle proposte politico-legislative, ma una continua rincorsa a “flirtare”
mediaticamente per compiacersi una base elettorale sempre più ridotta ma ancora
capace di ingannarsi…come fosse la prima volta.
P.S.
Quando ero adolescente
nella nostra compagnia c’era un amico che aveva una qualità inarrivabile,
quella di spararla sistematicamente grossa, neanche a farlo apposta si chiamava
Matteo, e proprio per questo gli venne affibbiato l’appellativo di “Teo-fiaba”.
Credo che le rispettive
(curvi-)linee politiche di questi due giovani e già vecchi mestieranti si possano
proprio bollare come le politiche dei due Teo-fiaba!
Roberto Locatelli
Tratto da IL SUSSIDIARIO.NET del 09/11/2014
http://www.ilsussidiario.net/News/Politica/2014/11/9/SPILLO-Renzi-e-Salvini-i-Teo-fiaba-che-hanno-conquistato-l-Italia/552011/
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